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sce da bambini. C è una donna che allatta un putto, fa
da mangiare e balla sulla corda. Povera gente! Si dice
saltimbanco come un ingiuria; eppure si guadagnano il
pane onestamente, divertendo tutti; e come faticano!
Tutto il giorno corrono tra il circo e i carrozzoni, in ma-
glia, con questi freddi; mangian due bocconi a scappa e
fuggi, in piedi, tra una rappresentazione e l altra, e a vol-
te, quando hanno già il circo affollato, si leva un vento
che strappa le tele e spegne i lumi, e addio spettacolo!
debbon rendere i denari e lavorar tutta la sera a rimetter
su la baracca. Ci hanno due ragazzi che lavorano; e mio
padre riconobbe il più piccolo mentre attraversava la
piazza: è il figliuolo del padrone lo stesso che vedemmo
fare i giochi a cavallo l anno passato, in un circo di piaz-
za Vittorio Emanuele. È cresciuto, avrà otto anni, è un
bel ragazzo, un bel visetto rotondo e bruno di monello,
con tanti riccioli neri che gli scappan fuori dal cappello
a cono. È vestito da pagliaccio, ficcato dentro a una spe-
cie di saccone con le maniche, bianco ricamato di nero,
e ha le scarpette di tela. È un diavoletto. Piace a tutti. Fa
di tutto. Lo vediamo ravvolto in uno scialle, la mattina
presto, che porta il latte alla sua casetta di legno; poi va a
prendere i cavalli alla rimessa di via Bertola; tiene in
braccio il bimbo piccolo; trasporta cerchi cavalletti,
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Edmondo De Amicis - Cuore
sbarre, corde; pulisce i carrozzoni, accende il fuoco, e
nei momenti di riposo è sempre appiccicato a sua ma-
dre. Mio padre lo guarda sempre dalla finestra, e non fa
che parlar di lui e dei suoi, che han l aria di buona gente,
e di voler bene ai figliuoli. Una sera ci siamo andati, al
circo; faceva freddo, non c era quasi nessuno; ma tanto
il pagliaccino si dava un gran moto per tener allegra
quella po di gente: faceva dei salti mortali, s attaccava
alla coda dei cavalli, camminava con le gambe per aria,
tutto solo, e cantava, sempre sorridente, col suo visetto
bello e bruno; e suo padre che aveva un vestito rosso e i
calzoni bianchi, con gli stivali alti e la frusta in mano, lo
guardava; ma era triste. Mio padre n ebbe compassione,
e ne parlò il dì dopo col pittore Delis, che venne a tro-
varci. Quella povera gente s ammazza a lavorare e fa co-
sì cattivi affari! Quel ragazzino gli piaceva tanto! Che
cosa si poteva fare per loro? Il pittore ebbe un idea.
Scrivi un bell articolo sulla Gazzetta, gli disse, tu che
sai scrivere: tu racconti i miracoli del piccolo pagliaccio
e io faccio il suo ritratto; la Gazzetta la leggon tutti, e al-
meno per una volta accorrerà gente. E così fecero. Mio
padre scrisse un articolo, bello e pieno di scherzi, che di-
ceva tutto quello che noi vediamo dalla finestra, e mette-
va voglia di conoscere e di carezzare il piccolo artista; e
il pittore schizzò un ritrattino somigliante e grazioso,
che fu pubblicato sabato sera. Ed ecco, alla rappresenta-
zione di domenica, una gran folla che accorre al circo.
Era annunziato: Rappresentazione a beneficio del pagliac-
cino; del pagliaccino, com era chiamato nella Gazzetta.
Mio padre mi condusse nei primi posti. Accanto all en-
trata avevano affisso la Gazzetta. Il circo era stipato;
molti spettatori avevano la Gazzetta in mano, e la mo-
stravano al pagliaccino, che rideva e correva or dall uno
or dall altro, tutto felice. Anche il padrone era contento.
Figurarsi! Nessun giornale gli aveva mai fatto tanto ono-
re, e la cassetta dei soldi era piena. Mi padre sedette ac-
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canto a me. Tra gli spettatori trovammo delle persone di
conoscenza. C era vicino all entrata dei cavalli, in piedi,
il maestro di Ginnastica, quello che è stato con Garibal-
di; e in faccia a noi, nei secondi posti, il muratorino, col
suo visetto tondo, seduto accanto a quel gigante di suo
padre& e appena mi vide, mi fece il muso di lepre. Un
po più in là vidi Garoffi, che contava gli spettatori, cal-
colando sulle dita quanto potesse aver incassato la Com-
pagnia. C era anche nelle seggiole dei primi posti, poco
lontano da noi, il povero Robetti, quello che salvò il
bimbo dall omnibus, con le sue stampelle fra le ginoc-
chia, stretto al fianco di suo padre, capitano d artiglieria,
che gli teneva una mano sulla spalla. La rappresentazio-
ne cominciò. Il pagliaccino fece meraviglie sul cavallo,
sul trapezio e sulla corda, e ogni volta che saltava giù,
tutti gli battevan le mani e molti gli tiravano i riccioli.
Poi fecero gli esercizi vari altri, funamboli, giocolieri e
cavallerizzi, vestiti di cenci e scintillanti d argento. Ma
quando non c era il ragazzo, pareva che la gente si sec-
casse. A un certo punto vidi il maestro di ginnastica, fer-
mo all entrata dei cavalli, che parlò nell orecchio del pa-
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